La forza di Pathos

16.02.2020

A volte ci sono opere d'arte che non sono solo belle, buone, valide: sono lame che ti scavano dentro, amici che ti parlano e ascoltano, ali che ti innalzano al di sopra del mondo. E, indubbiamente, ti fanno stare bene.

È questo il caso di "Pathos", il primo disco di Pathos uscito a fine 2017, e di tutti i suoi brani pubblicati prima e dopo tale data.

L'album "Pathos" contiene 10 tracce ed è un lavoro decisamente poetico: molti infatti sono i riferimenti a poeti e tematiche della letteratura, e sono presenti citazioni importanti.

Ad esempio, già all'inizio del primo brano sentiamo parlare la poetessa Alda Merini, la quale spiega il significato della poesia e del dolore all'interno della propria esistenza con questo messaggio: nella vita purtroppo non possiamo fare a meno di soffrire, ma l'importante è non cedere di fronte alle difficoltà e al dolore, provare rancore o rabbia; dobbiamo invece accettare questo dolore e trasformarlo in Poesia, in fuoco d'amore per noi e per gli altri.

È questo uno dei presupposti da cui partire per comprendere e gustare appieno il disco di Pathos: un insieme di ricordi, dolori, riflessioni, che però vengono filtrati attraverso l'arte per diventare non prigione, non morte, ma speranza, forza, vita.


Attraverso le tracce, Pathos ci pone di fronte ad una cruda realtà: noi tutti siamo destinati a incontrare il male (spesso a causa di altri), a soffrire, ad attraversare tempeste e oscurità; le persone sensibili sono quelle più soggette a questo tipo di destino ("se sei sensibile qua nuoti fra gli squali bianchi"). Ci si sente soli e incompresi, e si inizia a pensare che non si sarà mai felici; spesso gli uomini, gli altri, sanno essere il peggior incubo di chi vede e vive la vita in modo diverso dal sentire comune, per questo si accumulano cicatrici, delusioni, vuoti, e ciò che resta da baciare è la solitudine (come sentiamo in un toccante verso del pezzo "Pathos").

È un sentimento che percepiamo in varie tracce, da "Al tuo respiro" (in cui l'artista si mostra all'ascoltatore, raccontando anche momenti delicati della sua vita) a "Pathos", o nella splendida "Il segnale WoW!" che termina con una frase che personalmente trovo perfetta:

"Magari in qualche esopianeta qualcuno risponde, che il mio segnale WoW! sia questa buonanotte".

Come dimostra questo pezzo, mormorato con dolore misto a delicatezza, quello di Pathos non è un urlo, non è esibizione per i riflettori, è semplicemente un sussurro, un canto umile, sincero e spontaneo. Forse queste parole raggiungeranno altre anime sensibili e in grado di comprendere ciò che egli ha così bene raccontato: in tal modo, il segnale WoW! che ha mandato avrà avuto uno scopo e non si sarà perso nel nulla.


Nei periodi più bui l'unica nostra amica resta la scrittura, la musica: lei c'è sempre e sa come curarci con la sua magia. Bellissima la scelta di inserire le parole di Ungaretti che, in un'intervista, spiegò la magia della Poesia: essa è veramente se stessa quando porta con sé un segreto, e non importa se i versi risultano un po' ermetici ed oscuri, la poesia affascina ed è grande proprio perché contiene e nasconde quel segreto fra le righe.

La Poesia e la scrittura, con il loro segreto ben custodito, ci portano con sé facendoci dimenticare per un po' i dolori del presente o del passato: come poche altre cose al mondo, loro sanno davvero donarci la possibilità di un'evasione. Un'evasione che ci salva.

Col volto smorto cerco un foglio che mi dia un po' ascolto 

prendo la penna, chiudo gli occhi, voglio andare via

la pistola che ho alla tempia si chiama Poesia.

Questa tematica l'abbiamo trovata in Pathos fin dal suo primo pezzo, "Locus Amoenus": l'amore per la scrittura, per quella che è stata e continua ad essere una scialuppa di salvataggio, non morirà mai ed è doveroso ringraziarla e proteggerla, preservarla in tutta la sua genuinità e potenza.

Nel disco c'è una toccante dedica all'arte e alla scrittura, "Al tuo respiro": qui Pathos ricorda i momenti della sua vita in cui è stato salvato da lei, lei che come un angelo custode giunge sempre al nostro richiamo e non ci tradirà né abbandonerà mai.

È grazie a lei se ci risolleviamo: "...tu dici: vivi!, quando il mondo fuori grida: muori!". Ecco allora che, in un mondo che sempre più vuole spezzare la magia dell'arte vera e vuole accoltellarla con la sua freddezza e superficialità, l'artista si sente in dovere di difenderla, di mantenerla viva dentro il suo cuore, donando il suo potere salvifico a chiunque lo voglia cogliere. Sublimi sono i versi finali del pezzo:

Tu m'hai difeso da una vita, adesso ti difendo

ti prometto che finché 'sto cuore batte in petto

il tuo respiro vero sarà dentro ogni mio verso.

Oltre alla musica e alla scrittura, percepiamo un altro tipo di evasione nel brano "L'eterno ritorno". In questo pezzo sentiamo l'artista descriverci un viaggio, che può essere visto come il viaggio della fantasia, quando chiudiamo gli occhi e per un po' scappiamo dalla realtà. Ma Pathos va oltre: con l'esclamazione "Il corpo è gabbia per un'anima come la mia!", ci accompagna in un viaggio particolare, quello della propria anima al di fuori del suo corpo: l'anima, attratta dall'infinito che c'è fuori, dalla libertà e dalla fantasia, si libera dai confini fisici e fugge dalla gabbia corporea per compiere un viaggio attraverso gli elementi. Sorvola su boschi, campi, case, chiese, scende verso gli abissi per poi risalire e innalzarsi verso il cielo per incontrare nuvole, tempeste, la luna e le stelle; il che può anche essere visto come il nostro percorso, tra alti e bassi, abissi e vette. Alla fine della sua corsa, essa ritorna nell'artista, appagata dal suo volo rigenerante.

All'avvicinarsi dell'aurora tuona ma ritorna in me...

L'originalità del pezzo sta anche nell'aver raccontato questo viaggio con una metrica fitta e quasi tutto d'un fiato, senza pause, il che rende in modo perfetto l'idea di velocità, urgenza e desiderio di fuga e di libertà; sembra proprio di vedere l'anima che, "più veloce di ogni vento", sfreccia in aria, sventra le finestre, squarcia tele, spegne candele.

Spettacolare poi il tocco da maestro: nel momento in cui l'anima si tuffa in picchiata verso gli abissi, il tono di voce viene smorzato proprio come sott'acqua, con un effetto ovattato, un dettaglio che a mio parere impreziosisce ancora di più il pezzo.


Val la pena anche menzionare altri due pezzi davvero toccanti.

Uno è "Luce eterna nel mio cuore", una delicatissima dedica piena d'amore, in cui l'artista dà consigli e infonde coraggio ad una piccola; una traccia che conquista al primo ascolto.

L'altro è "Mena dipinge le nuvole", uno storytelling di grande impatto che ci racconta la storia di una ragazza, Mena: fragile per colpa dell'Asperger e sensibile per "colpa" del suo animo d'artista, trova rifugio nei propri dipinti, nei fiori colorati sulle tele; il mondo la schernisce, la attacca, le fa male, ma lei riesce ad andare avanti danzando col suo pastello. Ad un certo punto però la desolazione prevale e, in un mondo dove "l'oro vale più di ogni disegno", le anime buone e più sensibili vengono spente. Purtroppo il mondo "divora i petali più delicati"...

Mena adesso vive nel colore delle viole

Una storia davvero toccante che fa riflettere grazie alla sensibilità straordinaria di Pathos.


Infine, da notare anche "La notte sgorga dai tuoi occhi", una traccia che potremmo inserire nel filone della slam poetry, ricca di immagini metaforiche sussurrate su una base delicata che a tratti intona le note di "In the end" dei Linkin Park; e "Naked Son", una strumentale suggestiva che chiude in modo perfetto il disco.


Uno dei messaggi che colgo in questo meraviglioso album è quello di essere luce nei confronti di chi è debole, sensibile, fragile, dirgli che non è solo e che bisogna sempre guardare avanti. Per Pathos, sta qui la vera magia della musica. "Io da grande non li voglio i denti d'oro, voglio salvare i bimbi dal burrone come Holden", dice in "Addio": un intento esemplare che alla fine dell'ascolto potremo dirsi riuscito.

Come accennato prima, nel disco c'è una forte presenza: quella della speranza, la luce che, sfidando il buio più amaro, illumina la nostra anima. È una scelta che ad un certo punto dobbiamo fare se non vogliamo soccombere di fronte alla realtà. È la scelta del verso "adesso basta, scelgo il mio sentiero, non le ombre": il momento in cui raccogliamo il coraggio che ci rimane, la voglia di andare avanti, e ci rialziamo. Il momento in cui capiamo che la cosa più giusta da fare è essere semplicemente noi stessi, con i nostri sogni, i nostri pregi e difetti.

Tu che ascolti, non avere paura di sbagliare... sai quando muori? quando smetti di sognare.

È così che dobbiamo affrontare l'ascolto di questo disco: in bilico tra luce e buio ma con lo sguardo verso l'alto, verso l'equilibrio di un cielo colorato di speranza.


La produzione dell'album è stata affidata a Swelto, che con il suo comprovato talento ha saputo confezionare un prodotto impeccabile. Sue sono le basi di tutte le tracce, tranne la numero 9 realizzata da Hanto.

Con grande piacere posso dire di essere presente anch'io in questo disco, nei disegni e nelle grafiche che ho realizzato per l'occasione a partire da idee e spunti dello stesso Pathos, ispirandosi alle celebri parole di Robert Frost a proposito della scelta del sentiero meno battuto tra i due che divergevano nel bosco. Ringrazio ancora sentitamente Pathos per la fiducia nei miei confronti e per questo bellissimo viaggio insieme.


Sono felice di vedere che la sensibilità e la delicatezza, nonché il speciale talento, di Pathos continuano a produrre opere meravigliose. Dopo l'album ufficiale, infatti, l'artista ha pubblicato altri brani splendidi e di una profondità straordinaria.

Ne cito solo due, anche se sono molti di più, per i quali riporto solamente alcuni versi a mio parere più toccanti.


"Chi sono?" (prod. Swelto)

Consiglio di ascoltare bene la storia e le riflessioni che porta questo testo, su un incalzante crescendo di enfasi.

Anche in questo caso ho avuto il grande onore di realizzare il disegno di copertina.


L'inchiostro è il kintsugi alla ceramica dell'anima 

I miei soldati stanno rannicchiati in venti metri quadri

in una casa senza quadri, con terrore, ai lati

I miei soldati hanno occhi da bambini e a differenza di voi "umani"

hanno un cuore e calore alle mani 


"Come l'angelo affascinato dal buio" (prod. Swelto) 

Altro capolavoro pregno di sentimenti profondi, che si ricollega nella parte finale a "Locus Amoenus", il primo brano pubblicato dall'artista.

Si frantumino i sensi per raggiungere l'ignoto

Fino a cogliere visioni, fino a far fiorire il vuoto

Il mio sussurro di rivoluzione dentro l'inchiostro

È una lanterna che scende nei punti d'ombra

E pensare che questo era un Locus Amoenus

Un luogo in cui fuggivo da quella realtà di veleno

Ma io continuo a tenerle la mano

Nonostante si sia presa la mia mente, la mia vita schiva e tutto sembri vano

Oggi mi sveglio prigioniero come tempo fa

Accanto alla finestra sul vecchio banco di scuola

Dico: "Presente", la solita bugia d'allora

E guardo fuori, pronto per la fuga, ubriaco ancora 

Auguro a Pathos di conservare sempre questa magia preziosa e terapeutica, e di continuare a scegliere il suo sentiero, "non le ombre".

Testo di Alessia Santangeletta

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