Luigi Tenco: da cinquantacinque anni orfani della sua arte

29.01.2022

Testo scritto per il magazine Ottiche Parallele

Disegno formato poster
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Ogni 27 gennaio non possiamo fare a meno di ricordare un tragico evento che ha segnato la storia della musica.
Cinquantacinque anni fa, Luigi Tenco se ne andava.
Ma, al di là di questa triste vicenda tuttora irrisolta, preferirei parlare di ciò che questo grande artista ha creato: qualcosa capace di conquistare intere generazioni grazie ad un misto di poesia, dolcezza e spirito ribelle.
Ricordo quanto riuscirono a colpirmi alcune sue canzoni, anni fa: ancor prima della celebre "Ciao amore, ciao", furono i suoi testi di protesta a conquistarmi da subito.
"Ognuno è libero", ad esempio, è uno dei brani che in assoluto apprezzo di più: in pochi versi Luigi è riuscito ad esprimere un sentimento comune a molte persone, ovvero l'essere determinati a proseguire per la propria strada, conservando i propri ideali e il proprio stile di vita. Bellissimo anche il riferimento alla gente vestita e pettinata bene, ma che perbene non è: un contrasto forte ed efficace ancora validissimo a distanza di anni.
Queste critiche sociali si ritrovano anche nei brani più potenti e coraggiosi, soprattutto se consideriamo l'epoca e il contesto in cui nacquero. Come dimenticare "Cara maestra", "E se ci diranno", "Li vidi tornare", "Vita sociale", "La ballata della moda", giusto per citarne alcuni.
Versi che ancora oggi mettono i brividi e fanno riflettere su come la società, purtroppo, dopo sessant'anni non sia poi cambiata molto, anzi. Ingiustizie sociali, discriminazioni, guerre e violenze, ipocrisia e falsità sono ancora ben presenti nelle nostre vite e nel mondo. Credo sia anche questo uno dei punti di forza della sua produzione artistica: la potente ed eterna attualità.

Luigi ce l'ha messa tutta per comunicare questi messaggi importanti, e la sua onestà e desiderio di giustizia gli costarono non solo ostilità e solitudine, ma anche una temporanea esclusione dalla scena. Ciò ci fa capire quanto la censura sia sbagliata, poiché l'arte dovrebbe essere libera di esprimere concetti importanti e veritieri che hanno la sola "colpa" di essere scomodi e contro il potere.
È il caso ad esempio di "Cara maestra", parole che ci vogliono far dedurre una triste morale che, per dirla alla George Orwell, suonerebbe più o meno così: tutte le persone sono uguali, ma alcune sono più uguali di altre.
Ci tengo poi anche a citare e consigliare un ascolto attento di "La ballata della moda": un brano che secondo me racconta benissimo le dinamiche sociali e politiche che spingono i popoli a lasciarsi attrarre da mode, costumi e credenze, per quanto bizzarre e ridicole siano.
Una descrizione perfetta di come l'abitudine, unita alla propaganda pubblicitaria di mode ed usi, conduca le persone a cambiare i propri gusti e persino le proprie ideologie a favore di chi le vuole imporre.
Al di là delle canzoni di protesta, Luigi ci ha anche regalato splendidi brani d'amore o densi di una toccante intimità, come ad esempio "Vedrai vedrai", dedicato alla madre, meraviglioso nella sua malinconica speranza; versi in cui canta la propria inadeguatezza con una sincerità disarmante. Ed è anche questo il bello delle sue canzoni: il saper mescolare i sentimenti e le sensazioni, regalando emozioni uniche con una voce a tratti squillante e determinata, a tratti morbida e delicata.
Al di là della musica, è da ricordare anche la sua eccellente interpretazione cinematografica nel film "La cuccagna", in cui interpreta Giuliano, ragazzo ribelle e contestatore: una personalità che somiglia parecchio alla sua.

Ad ogni modo, probabilmente era diventato troppo scomodo, in quel lontano 1967... La verità forse non la sapremo mai, ma una cosa è certa: gli artisti veri, quelli forti e sinceri, non li puoi fermare. Vivranno per sempre.
La determinazione e la sensibilità di Luigi sono ancora qui, tangibili ed eterne; le puoi sentire quando guardi un suo vecchio video o quando cammini sulle splendide colline piemontesi che lo hanno visto nascere. Le sue note sono ancora lì, pronte ad esortarci a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie, a non omologarci e ad essere sempre noi stessi. E a trovare il coraggio di far emergere la nostra voce e le nostre idee, sempre e ad ogni costo.
Lui, ragazzo che "parla troppo poco" ma che in qualità di artista ha parlato eccome, perché aveva una passione e qualcosa di importante da dire.
Forse una persona, forse più persone o forse ancora il semplice destino ha voluto farlo tacere, cinquantacinque anni or sono, ma la sua voce, amata e mai dimenticata (che canta nel vento, come scrisse Fabrizio De André nella splendida canzone a lui dedicata, "Preghiera in gennaio"), canterà per sempre il suo grido disperato di amore e ribellione.
Pronto per chi lo vorrà cogliere facendone tesoro.
Grazie Luigi.


(Alessia Santangeletta)

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